A nulla è valsa l’intermediazione della cancelliera Merkel, né le minacce, più o meno esplicite, pronunciate dalla Cina. La Commissione europea ha annunciato questa mattina che indagherà sulle presunte pratiche di dumping messe in atto da Pechino sulla produzione interna di moduli fotovoltaici. Come già successo negli Stati Uniti, l’inchiesta segue una denuncia presentata da un gruppo di società europee solare, guidate da SolarWorld, che a luglio hanno presentato un reclamo per ottenere dazi sull’export “made in China”, nella speranza di replicare quanto ottenuto dall’industria pv americana.
Secondo l’associazione Eu ProSun,
la coalizione composta da 20 grandi compagnie europee attive nel
settore, “Le compagnie cinesi hanno conquistato più dell’80% del mercato
dell’Unione Europea per prodotti solari partendo virtualmente da zero
pochi anni fa. I produttori dell’Unione Europea possiedono le migliori
tecnologie solari del mondo ma vengono battuti nel proprio mercato per
via dell’esportazione sottocosto illegale dei prodotti solari cinesi
sotto il loro costo di produzione”.
La verità è che il mercato asiatico
spaventa – solo nel 2011 la Cina ha venduto circa 21 miliardi di euro in
pannelli e componenti solari all’Unione europea nel 2011 – tanto da far
propendere verso nuove politiche protezionistiche anche paesi che hanno
già inseriti nei loro Feed-in –tariff premialità per moduli e
componenti fabbricati nella Comunità europea. Senza contare che,
complice ovviamente l’attuale crisi economica finanziaria, l’industria
del Vecchio Continente conta già le prime vittime di questo mercato
sempre più competitivo come dimostra il colosso tedesco Q-Cells,
costretto a cedere le proprie attività al gruppo sudcoreano Hanwha, che
rileva così 1.250 dipendenti su un totale di circa 1.550 e la maggior
parte del Gruppo.
E mentre Bruxelles studia il caso per
capire se il sotto costo cinese stia davvero danneggiando l’industria
europea, la risposta della Repubblica Popolare non si fa attendere. “La
Cina esprime profondo rammarico per la decisione”, ha commentato il
portavoce del Ministero del Commercio Shen Danyang. “Le limitazioni ai
prodotti solari della Cina non solo ledono gli interessi della nostra
industria quanto di quella europea, ma possono anche distruggere il sano
sviluppo del settore globale dell’energia solare”. Shen ha esortato
l’Unione europea a “prendere seriamente in considerazione la posizione
della Cina e le proposte, e di risolvere l’attrito sul commercio
pannello solare attraverso consultazioni e la cooperazione”.
DUE FAZIONI INCONCILIABILI La notizia ha fatto piacere a molti e soprattutto a Milan Nitzschke, Presidente di EU ProSun,
ha dichiarato: ”La Commissione Europea ha compiuto oggi un grande passo
verso la salvaguardia del settore delle tecnologie sostenibili e di una
base produttiva più ampia in Europa. Le compagnie cinesi stanno
esportando prodotti solari sottocosto in Europa, con un margine di
dumping compreso tra il 60% e l’80% che le porta a registrare perdite
importanti pur senza finire in bancarotta perché finanziate dallo
Stato”. Pratiche sleali di concorrenza a giudizio di Nitzschke che
hanno condotto oltre 20 importanti produttori europei al fallimento nel
corso del 2012.
Di tutto altro parere l’Alleanza per un’Energia Solare Accessibile
(AFASE) che ha chiesto oggi alla Commissione europea di opporsi a
scelte protezionistiche “Il libero scambio è stato uno dei fattori che
ha consentito all’industria fotovoltaica europea di svilupparsi
rapidamente. In un momento in cui i governi europei stanno riducendo gli
incentivi per l’energia solare, eventuali barriere commerciali
potrebbero far aumentare i costi e danneggiare irrimediabilmente la
competitività di questa fonte di energia”, afferma Thorsten Preugschas,
CEO dell’azienda tedesca Soventix ed affiliato ad AFASE. “Di
conseguenza, chiediamo alla Commissione Europea di considerare i gravi
danni che eventuali dazi causerebbero all’intera industria europea del
solare”.
Fonte (rinnovabili.it)